I dolori del giovane Cafone

Gentili lettori, il redattore deve ammettere di essere disorientato. Il nitore delle evidenze probatorie e documentali che giungono agli occhi e agli orecchi del redattore quando si parla delle cafonerie del Cafone, perdono definizione e dettaglio quando ci si riferisce alla sua relazione con le donne.

Il redattore gli aveva appena lanciato l’invito, alla fine del precedente scritto, a trombare un po di più, che subito Marco Bradipo ci sorprende con il seguente post:

Il post de Bradipo da Phi Phi Island (Tailandia) con al sua dolce compagnia

Il post de Bradipo da Phi Phi Island (Thailandia), con la sua dolce compagnia

L’incongruenza è stata immediatamente stigmatizzata dal solito Rob Buzz Uzzi, attento ed imparziale osservatore,  che ha richiamato subito l’attenzione di Nando Zanchetta, incolpevole ambasciatore degli scritti del Nuovo Redattore.

A parziale giustificazione del travisamento operato dal redattore, si vuole citare un vecchio post di Marco Bradipo dove egli deliberatamente dichiarava di essersi allontanato dalle donne, in quanto ostacolavano la sua luminosa carriera di climber. Eccolo:

Il post del Cafone nel quale dichiarava di rinunciare per sempre alle donne (anno 2012)

Il post del Cafone nel quale dichiarava di rinunciare per sempre alle donne (anno 2012)

Di fronte a questo enigmatico rompicapo, il redattore ha avviato un’approfondita indagine, che lo ha portato in breve tempo a chiarire almeno parzialmente la questione.

Tuttavia, per giungere a tale risultato il redattore si è visto costretto a mettere in atto comportamenti gravemente lesivi della dignità umana, ai danni di Marco Bradipo e ora la sua onestà intellettuale non gli consente di esimersi dal denunciare pubblicamente le malefatte di cui si è reso protagonista. Il redattore è infatti il mandante di un furto perpetrato dal suo sgherro Nando Zanchetta, coadiuvato per gli aspetti logistici dall’amico Filiberto dè Barberis di Castelvetere, e architettato allo scopo di sottrarre informazioni segrete e personali al Cafone. Il colpo è stato organizzato fin nei minimi particolari ed ha in effetti sortito esito positivo, tal che il redattore ne può descrivere di seguito la dinamica.

Il Cafone suole andare in palestra per i suoi lunghi ed alienanti allenamenti e, in quella situazione, è solito abbandonare il proprio voluminoso zaino proprio all’ingresso della sala esercizi. Tale ingombrante bauletto ha sempre destato, per le sue rilevanti dimensioni, la curiosità degli sportivi avventori della palestra, in primis lo Zanchetta e il dè Barberis di Castelvetere. Costoro hanno quindi malevolmente contattato il redattore per chiedergli se ritenesse utile una verifica del suo contenuto. Il redattore, cronista d’assalto e amante della pura verità, si è ovviamente dichiarato disponibile a sostenere i due in questa meschina e perniciosa azione, comunque messa in atto, lo si deve ammettere, per sincero spirito di conoscenza.
Il piano prevedeva l’attenta ispezione del contento dello zaino del Bradipo e il reperimento di informazioni che potessero dare indicazioni sulle origini e gli sviluppi della cafonaggine del Cafone ed eventualmente della sua condotta contraddittoria con il gentil sesso. Almeno queste erano le speranze del redattore.
Il momento dell’apertura dello zaino è stato attentamente studiato, verificando al secondo gli spostamenti del Cafone in palestra ed i suoi piani di allenamento.
Si è infatti constatato, in fase di pianificazione del colpo, che il Bradipo, dopo 80 – 90 minuti di attento riscaldamento (corsa leggera, flessioni sulle gambe e sulle braccia,  addominali, torsioni del busto, manubri leggeri per deltoide, bicipite, tricipite, bradipiale, brachiale, coraco-brachiale, supinatore, estensori breve e lungo del carpo, flessori e estensori, sia brevi che lunghi, sia radiali che ulnari, pronatore rotondo, anconeo, brachioradiale e estensori propri del pollice, del mignolo e delle altre dita), procede concentrato e determinato verso gli esercizi al trave. Due volte alla settimana il tema è Power Endurance: serie di 22 trazioni sulla tacca da 5 millimetri, e successiva sospensione senza soluzione di continuità fino al completamento dei 5 minuti, da ripetere per 6 volte, per un totale di 30 minuti per ogni serie. Tutto senza mai scendere dal totem. Una macchina da guerra, un fenomeno della natura, recentemente oggetto di studio da parte del dipartimento di Human Physiology dell’Università di Princeton (New Jersey). Il prof Oliver Hardy, che  ha condotto le ricerche, sostiene di non aver mai visto nulla di simile e che probabilmente si tratta di un’anomalia genetica dovuta ad un’alterazione del genoma (il nucleotide G), che nel corpo umano è delegato alla metabolizzazione della magnesite e del crack.
Lo Zanchetta, con il dè Barberis che faceva da palo simulando delle facili arrampicate sulle ronchie della vicina placca (quelle difficili non potrebbe comunque farle), avrebbe avuto quindi circa 30 minuti per agire. E così è stato.

All’apertura dello zaino, il fedele Nando Zanchetta ha trovato vari oggetti: un pettine un po unto, un paio di occhiali Rayban (probabilmente quelli prestati a Mozart), delle palle di gomma per l’allenamento delle dita, vari scontrini di pedaggio autostradale (Roma-Orte e Roma-Fiano Romano), uno scontrino del Bar Centrale di Vitorchiano e, audite audite, il diario privato di Marco Bradipo. La lucidità di Zanchetta è stata straordinaria: in pochi minuti ha fotografato con il suo smartphone tutte le pagine del diario e ha rimesso a posto il prezioso documento. Al suo ritorno, il Cafone, visto il suo normale stato di rincoglionimento e considerate le quantità eccessive di acido di lattico che in quei momenti invadevano i suoi neuroni bloccando l’attività elettrica delle sue sinapsi, non gli hanno consentito di osservare che lo zaino era stato manomesso.
Il redattore ha quindi ora a disposizione una serie di preziosissimi elementi, che lo aiuteranno a far luce sulla controversa e complessa personalità del Bardipo.

Si deve in primo luogo riconoscere che le risultanze di quanto reperito nel diario hanno del sensazionale: il redattore credeva che il Cafone fosse da sempre un cafone, che il suo animo, ora abbrutito dalle trazioni, e il suo cervello, ora annullato dalla fissa per i gradi, fossero per nascita e per indole di un qualche rango inferiore.
Niente di più sbagliato. L’immagine che il diario ci restituisce è quella di un ragazzo sensibile e cogitabondo, i comportamenti del quale, a causa di certi avvenimenti che lo hanno condizionato durante l’infanzia e l’adolescenza, hanno preso una incontrollata deriva cafona.

Il diario, sotto forma di epistolario indirizzato ad un suo confidente immaginario, certo Wilhelm, verte sostanzialmente sul suo amore non corrisposto per la bella Bernadette.
Come i lettori sanno, Marco Bradipo conobbe Bernadette alle scuole medie. Vivevano entrambi al centro di Roma: lei in Via del Babbuino nello spazioso appartamento acquistato da papà, affermato chirurgo, piano alto, soffitti a cassettoni, diversi disimpegni, triplo salone, tripli servizi, luminosissimo, balconatissimo, dove ella ancora vive con la famiglia; lui a Via Flaminia, poco fuori Porta de Popolo, in un appartamento affittato a equo canone per 90 euro al mese da un Ente, con un contratto della durata di 99 anni, ereditato (il contratto) alla morte della nonna. Nonna Bradipo, una donna tutta casa e chiesa, lavorava a servizio nell’abitazione di un assessore democristiano al Comune di Roma negli anni ’70 ed era riuscita, dopo anni di onorata professione, Dio volendo, a farsi assegnare questa unità immobiliare, promettendo voti alla DC, il suo e quelli dei suoi discendenti, per l’eternità. Da questo punto di vista il Bradipo, tutto sommato, è un ragazzo fortunato.

Per questa vicinanza abitativa, lui e Bernadette frequentavano la stessa scuola. Appena lui la vide, il primo giorno di scuola, fu subito amore: gli occhi azzurri, i capelli biondi con le trecce, la pelle trasparente come alabastro, il sorriso etereo, lo sguardo altero, il principesco e nobile incedere di Bernadette, ma soprattutto il Mercedes Pagoda cabrio di suo papà, fecero immediatamente breccia nel cuore borgataro del Cafone. Lei non lo guardava nemmeno e lo salutava a mezza bocca alla prima ora, per poi dimenticarsene del tutto come se fosse un appestato.
Lui ne soffriva molto, almeno questo risulta dal suo diario, e per reazione, cercava di farsi notare fumando sigarette senza filtro, mettendo miccette sotto la cattedra dei professori,  tirando bombette puzzolenti a Carnevale, dicendo bestemmie e parolacce e picchiando i suoi compagni più piccoli. Ma Bernadette, nonostante queste leziose e galanti dimostrazioni d’amore, aveva occhi solo per Filiberto, il suo fidanzato da sempre.

Durante la ricreazione i ragazzi giocavano e Bradipo cercava di avvicinarla.
Leggiamo dal suo diario, notando qualche somiglianza con alcuni scritti di Johann Wolfgang von Goethe:

Quale brivido mi corre nelle vene quando per caso le mie dita toccano le sue, quando i nostri piedi s’incontrano sotto il banco! Mi ritiro come dal fuoco, una segreta forza mi spinge avanti di nuovo, e tutti i miei sensi sono presi da vertigine. E la sua innocenza, la sua anima ignara non le lasciano comprendere come queste piccole familiarità mi fanno male. Se, giocando, lei posa la sua mano sulla mia, se a mosca cieca lei si avvicina a me in modo che il suo alito divino sfiori le mie labbra, io credo di morire, come percosso dal fulmine. E se una volta, caro Wilhelm, quell’anima celeste e fiduciosa io osassi… tu mi capisci? No, il mio cuore non  è così corrotto! Ma  è debole, molto debole, e questa non  è forse corruzione?
Lei mi  è sacra. Ogni desiderio tace alla sua presenza. Non posso dire quello che succede in me quando le sono vicino; mi pare che tutta l’anima si riversi nei miei nervi. Bernadette conosce una melodia che suona al pianoforte con un’angelica espressione, con grande semplicità e spirito. è la sua aria preferita, e appena suona la prima nota all’ora di musica, fuggono lontano da me pene, preoccupazioni, capricci. Sono così preso da quella semplice melodia che non mi pare inverosimile niente di quel che si racconta del fascino della musica antica. E come lei sa cominciarla al momento opportuno, proprio quando starei per tirarmi una palla nella testa. Il cupo turbamento della mia anima si dissipa, e io di nuovo respiro liberamente.

Ritratto di Goethe, da cui il Cafone ha attinto a piene mani nel suo diario (Joseph Karl Stieler, 1828)

Ritratto di Goethe, da cui il Cafone ha attinto a piene mani nel suo diario. (Joseph Karl Stieler, 1828, olio su tela)

Non è incredibile? Il diario del Cafone è costellato di simili afflati amorosi, ma il redattore, per non peccare di impudicizia, preferisce ometterne la pubblicazione.

Un giorno, al liceo, il Cafone scoprì che in effetti Bernadette se la rifaceva con Filiberto. La sua delusione fu cocente:

Talvolta non posso concepire che un altro possa, osi amarla, mentre io l’amo così unicamente, profondamente, compiutamente, e non conosco, non so, non ho che lei al mondo!

E ancora, più avanti:

Lei sente ciò che io soffro: oggi il suo sguardo mi  è arrivato fino al cuore. L’ho trovata sola, che fumava di nascosto dalla bidella al bagno del secondo piano; non ho detto niente, e lei mi ha guardato. E in lei non ho più visto l’affascinante bellezza, la luce del nobile intelletto: tutto era scomparso ai miei occhi: un più splendido sguardo agiva su di me, esprimendo tenero interesse, dolce compassione. Perché non ho osato gettarmi ai suoi piedi? Perché non ho osato gettarmi al suo collo e coprirla di baci? 

La situtazione si faceva quindi sempre più insostenibile, e Bradipo decise così di allontanarsi dalla quella scuola per non soffrie, fin quando si cominciò a credere che fosse passata la sua cotta. La giustificazione per la sua dipartita fu: So’ troppo soggetti sti’ ricconi demmerda!

Un giorno Bradipo apprese che Filiberto andava in montagna e che aveva trasmesso questa passione alla sua amata Bernadette. Se ne andavano il sabato e la domenica sui monti a fare delle lunghe e remunerative escursioni. Panorami sconfinati sui monti Lucretili, Tiburtini e Ruffi. Estenuanti scarpinate sulle incontaminate vette dei monti Sabini. Spericolate giornate outdoor sulle ripide pendici dei monti Ernici, con bussola e k-way.
In poco tempo Bradipo acquistò il suo primo paio di scarpe da trekking e cominciò anche lui ad andare per monti. Memorabili le sue impressioni di quei magici giorni, sulla vetta del Monte Gennaro davanti al meraviglioso spettacolo del Monte Pellecchia:

La struggente vista dalla vetta del Monte Gennaro verso il Monte Pellecchia

La poetica e struggente vista dalla vetta del Monte Gennaro verso il Monte Pellecchia

La mia anima  è pervasa da una mirabile serenità, simile a queste belle mattinate di maggio che io godo con tutto il cuore. Sono solo e mi rallegro di venire in questi luoghi che sembrano esser creati per anime simili alla mia. Sono così felice, mio caro, così immerso nel sentimento della mia tranquilla esistenza che la mia arte di camminare in montagna quasi ne soffre. […]
Quando l’amata valle intorno a me si avvolge nei suoi vapori, e l’alto sole si posa sulla mia foresta impenetrabilmente oscura, e solo alcuni raggi si spingono nell’interno sacrario, io mi stendo nell’erba alta presso il ruscello che scorre, e più vicino alla terra osservo mille multiformi erbette; allora sento più vicino al mio cuore brulicare tra gli steli il piccolo mondo degli innumerevoli, infiniti vermiciattoli e moscerini, e sento la presenza dell’Onnipossente che ci ha creati a sua immagine e ci tiene in una eterna gioia.

Dalle escursioni all’alpinismo il passo fu breve. Bradipo capì che almeno in questo sport poteva surclassare Filiberto, il suo nemico giurato.

Cosi cominciò la sua ascesa nel climbing: allenamenti continui, studi di anatomia applicata, applicazione dei metodi di allenamento più sofisticati, alimentazione controllatissima, viaggi in tutte le principali location di arrampicata e blocchi del mondo.
Sembrerebbe che il contatto con la roccia lo trasformò: la componente wertheriana del suo carattere scomparse completamente per lasciare spazio esclusivo alla sua componente cafona, facendo di lui un rabdomante del punto G.

Fu questo il periodo in cui il Cafone conobbe i piaceri del sesso e si buttò corpo e anima nella conquista di quante più femmine fosse possibile. Il diario ce ne da evidenza, assommando il totale delle sue conquiste a ben 2.065 donne, suddivise per paese e per falesia, in una lista riassuntiva stilata da Bradipo, nella parte finale del suo diario.

Italia: 640, tra Lumignano (commento: tutti caini demmerda), Ceredo (commento: fiche pazzesche), Arco (commento: ar campeggio se rimorchia ‘na cifra)
Germania: 231, principalmente in  Frankenjura (commento: troppo naziste a letto)
Francia: 100, tra Orgon, Gorge du Loup, Ceuse (commento: troppa salita; arivavo stanco e duravo poco)
Turchia: 91, pricipalmente a Geyikbayiri (commento: qua arivano tutte vergini ar matrimonio……. ‘na figata……)
Spagna: 1003 tra Rodellar (commento: belle ‘e fichette ‘n costume che se fanno er bagno ar fiume), Margalef, Oliana, Siurana, e più di recente, Albarracin (commento generale: le spagnole so un po zozze ma so belle porche; stanno sempre sconvorte perchè se fanno ‘na cifra de canne).

Il Cafone in quei viaggi ne trombò di tutti i tipi: contadine, cameriere, cittadine, contesse, baronesse, marchesane, principesse, di ogni forma, di ogni età, bionde, brune, grassotte, magrotte, grandi e piccine, vecchie e giovani principianti (le sue preferite…), ricche, brutte, belle, purché portino  la gonnella!

Sembra singolare, ma i numeri e le descrizioni delle sue conquiste coincidono quasi alla lettera con quelle di Don Giovanni, il dissoluto punito.

Il suo inserviente e compagno di ventura, Leporello, nella famosa Aria del Catalogo, ne parla ad una di esse, Donna Elvira, sedotta e abbandonata da Bradipo-Don Giovanni a Siviglia,  per consolarla ma anche per metterla in guardia dall’innamorarsi di un simile mostro fellone, nido d’inganni.

Di seguito i versi pronunciati da Leporello, scritti dal grande Lorenzo Da Ponte e messi mirabilmente in musica dal solito divino Mozart, che costituiscono il secondo capitolo della rubrica La Musique du Cafon.

 Madamina, il catalogo è questo
delle belle che amò il Cafon mio,
un catalogo egli  è che ho fatt’io,
osservate, leggete con me. 

In Italia seicento e quaranta,
in Lamagna duecento e trent’una,
cento in Francia, in Turchia novant’una,
ma in Ispagna son già mille e tre.

V’han fra queste contadine,
cameriere e cittadine,
v’han contesse, baronesse,
marchesane, principesse,
e v’han donne d’ogni grado,
d’ogni forma, d’ogni età.

Nella bionda egli ha l’usanza
di lodar la gentilezza,
nella bruna la costanza,
nella bianca la dolcezza.
Vuol d’inverno la grassotta,
vuol d’estate la magrotta;
è la grande maestosa,
la piccina  è ognor vezzosa…
Delle vecchie fa conquista,
pel piacer di porle in lista;
ma passion predominante
è la giovin principiante.

Non si picca se sia ricca,
se sia brutta, se sia bella:
purché porti la gonnella,
il Cafone se le fa.

Il redattore invita i gentili lettori e ascoltatori, anche coloro che non apprezzano il genere, a porre attento orecchio a questa vetta assoluta della musica di tutti i tempi. Lo snocciolarsi della lista, con una valanga di note che precipita come le valanga di femmine sedotte dal Cafone, la vivida descrizione dei caratteri, la costante, la gentile, la dolce, la maestosa, la piccina, e lo scarto di clima che accompagna, con sinistra musica, il riferimento all’odioso vizio del Cafone di sedurre e abbandonare le verginelle, fanno di quest’aria un irripetibile e forse irripetuto esempio di espressività musicale. Per dirla ancora con Goethe “Quest’opera è unica nel suo genere e la morte di Mozart ha distrutto ogni speranza di poter vedere mai più qualcosa di simile.”

Alla fine dell’indagine, il redattore può quindi trarre la conclusione che il Cafone, oltre ad essere affetto da sindrome maniaco-depressiva, soffre anche di schizofrenia: oggi è Werther e soffre per amore di una donna, domani è Don Giovanni e ne seduce 2.065 in giro per il mondo.

Ma soprattutto quest’oggi il redattore deve chiedere scusa a Marco Bradipo, per due motivi.
Il primo, per aver sottratto a sua insaputa informazioni intime e per averle rese pubbliche senza il suo consenso.
Il secondo, per aver sospettato delle sue scarse capacità di seduttore e sciupafemmine, fatto che con tutta evidenza, risulta palesemente falso.

Pertanto, con la limpidezza e la probità che lo contraddistingue, e volendo restituire al Cafone quel che è del Cafone, il Nuovo Redattore ha chiesto al solito Edegardo er monnezzaro di rappresentare la di lui costernazione per quanto accaduto e porgere a Marco Bradipo, le sue più sentite scuse.

A Cafò, sto Novo Redattore nun aveva capito ‘n cazzo. T’ha dovuto ‘nculà er diario pe capicce quarche cosa. Te prego, o devi scusa’. Anzi….m’ha chiesto pure si je poi da l’agendina coi numeri de telefono, che se ne vò tromba quarcuna pure lui. Che je devo dì? Famme sape’……

Il Cafone e il divino Mozart

Dal giorno in cui il redattore ha lanciato il primo post su questo blog, ha atteso con ansia e trepidazione un seppur minimo cenno di riscontro da parte di Marco Bradipo, detto il Cafone. Il redattore visitava sovente e con avidità il diario Facebook del Cafone, sperando di trovare riferimenti ai suoi scritti. Ma ogni login si trasformava in una cocente e tormentosa delusione. Furono giorni pieni di angosciosa tristezza e le tribolazioni del mestiere di vivere pesavano come enormi macigni sul sensibile animo del redattore che rischiava di soccombere, ormai spossato e prossimo alla depressione. Un senso di solitudine cosmica lo invadeva, lui, inascoltato censore, solerte declamatore verso distratto uditore, teatrante senza pubblico, menestrello senza corte, solingo cantore dell’inutile.

Fin quando finalmente, in data 4 marzo 2015 il Cafone esternò e dunque esultanza e giubilo furono i sentimenti del redattore, che con ecumenico afflato li condivide ora gioiosamente con i suoi affezionati lettori.

L’agognato riscontro del Cafone è venuto sotto forma di commento alla sollecitazione venuta da un utente Facebook, certo Rob Buzz Uzzi, che lo aveva taggato nel condividere il post di uno dei precedenti scritti del redattore. Per questo motivo il redattore rende benemerenza e sincera gratitudine allo stesso Rob Buzz Uzzi per l’emerita opera di diffusione degli suoi modesti scritti.

Ecco il post e i successivi commenti del Cafone:

Il post di Robb Buzz Uzzi che ha sollecitato le risposte del Cafone

Il post di Robb Buzz Uzzi che ha sollecitato le risposte del Cafone

Come si può evincere, detto Rob Buzz Uzzi nella sua chiamata in causa ventila l’ipotesi che dietro la polemica con il Cafone si nasconda in realtà una questione di donne. Il redattore vuole senza tentennamenti sgombrare il campo da tale possibilità: una donna che potesse incontrare il gradimento del redattore giammai potrebbe generare interesse nel Cafone e viceversa. Parimenti, una donna che nutrisse interesse per il Cafone, fisico apollineo, sguardo arcigno e strafottente, mai potrebbe nemmeno solo posare il suo occhio sulla figura del redattore, fisico da topo di biblioteca, sguardo timido e ritroso.

Bradipo ci informa di aver avuto una donna nella città di Verona e di averla poi volontariamente abbandonata perché gli chiedeva di montare i 6a nella falesia di Lumignano. Era quindi anch’ella una pippa e come noto il cafone non può sopportare di intrattenere rapporti di nessun tipo, tanto meno amorosi, con una femmina che non si tiene. Nella logica primordiale e arretrata del cafone tra una donna pippa e le pippe, la scelta ricade sulle seconde. Evidentemente dopo il trauma sentimentale con Bernadette alle scuole elementari, non si e’ ancora ripreso.

Spiace rimarcare quanto ancora una volta il cafone si inganni. Anche il suo così limitato bagaglio esperienziale, dovrebbe avergli insegnato che le coppie dove entrambi i suoi membri si tengono nascono con un vulnus di base, un virus dormiente, un herpes simplex annidato nelle cellule, inalienabile e ineliminabile che la porterà a continue, lunghe, snervanti ed inutili discussioni e infine al fallimento del rapporto. Le dinamiche di coppia e le naturali frizioni che esse generano si scaricano in questa fattispecie nelle giornate di arrampicata: se lei cade sul tentativo, è colpa di lui che non ha fatto sicura bene; se lei non tiene la tacca è colpa di lui che non l’ha pulita dopo averle montato la via; se lei non blocca sul passaggio, è sempre colpa di lui che le ha consigliato una 7c morfologico.

Cafone, fidati: le migliori sono quelle che fanno il 6a a stento e che vedono in te, che sei forte e ti tieni, un feticcio da adulare, un superuomo sprezzante del pericolo, un’instancabile fucker con le mani nodose e sporche di magnesite, un toro da monta senza cervello, un Hans Dülfer da fessura bagnata, un Ragno da lecco, da usare nei momenti di intimità per soddisfare le loro più recondite e celate voglie. Tutto questo, per quanto stupido e cafone tu possa essere. Anzi proprio in virtù di ciò.

Nonostante la decisione sia sempre quella di star lontano dalle femmine, il redattore e i suoi lettori sanno che l’animo del burbero Cafone non riesce comunque a sottrarsi all’attrazione del gentil sesso. E sanno altresì che quando il Cafone ne trova una che gli fa le moine, sente il sangue in ogni vena che ribolle e fa blo blo, proprio come succede a Don Cassandro, scapolone, ricchissimo ma avaro, nell’opera buffa di Carlo Goldoni La Finta Semplice, musicata nel 1768 dal divino Mozart, all’età di soli dodici anni:

Ella vuole ed io vorrei
convenire non si puo.
Quando son vicino a lei
vale a dir: solus cum sola,
a un’occhiata a una parola
mi riscaldo, mi fo rosso:
mi par ch’abbia il foco addosso
sento il sangue in ogni vena,
che ribolle e fa blo, blo.

Giuliano Zuliani, illustrazione della Finta semplice (I.1), in Carlo Goldoni, Opere teatrali, Venezia

Giuliano Zuliani, illustrazione della Finta semplice (I.1), in Carlo Goldoni, Opere teatrali, Venezia

Ma poi il Cafone, si mette al pangullich, fa qualche serie di trazioni con il carico e, recuperando lucidità, gli si raffreddano i bollori:

Ma l’amor finisce qui
col sei a e coll’anello*.
Ed il sangue già bel bello
si rapprese, si gelò.

[qui il poeta si riferisce ovviamente all’anello della catena del 6a che il Cafone ha appena montato alla signorina]

A quel punto la povera lei è spacciata e il Cafone, pur soffrendone, la abbandona, senza possibilità di appello.

E son come un can barbone
tra la carne ed il bastone:
vorrei stender lo zampino
e al baston piu’ m’avvicino,
e abbaiando, mugolando
prendo il porco e me ne vo’

Ritenendo di far cosa gradita ai lettori e, in questo caso, agli eventuali ascoltatori, il redattore propone una bella incisione dell’aria in questione, inaugurando la rubrica La Musique du Cafon.

Il divino Mozart ci fa percepire qui, con evidente onomatopea, il ribollire del sangue del Cafone, la sua voglia di approfittare di questa femmina e il successivo rammarico per la decisione presa di rinunciarvi, in nome del grado. No, il 6a proprio non si può, prendo il porco e me ne vo’.

Wolfgang Amadeus Mozart, indossa per burla gli occhiali del Cafone

Wolfgang Amadeus Mozart, indossa per burla gli occhiali del Cafone

Il Cafone, nel prosieguo delle sue esternazioni, come consuetudine trascende:

Comunque in finale mio nuovo direttore machitesenkula. Ora avrai i tuoi 15 minuti di celebrità.

Anche in questo caso marco Bradipo fa dichiarazioni fallaci: il nuovo redattore sta dando celebrità a lui e non a se stesso. I suoi post, inutili ed insulsi, hanno trovato nell’invettiva del redattore una loro ragion d’essere, plausibilmente l’unica.

Egli ha addirittura inteso inserire i link ai suoi vaniloqui all’interno dei suoi scritti a dimostrazione che egli desidera dare massima udienza e diffusione ad essi allo scopo di generare l’indignazione generale: Oportet ut scandala eveniant,  (Matteo, XVIII, 7). É opportuno diffonderli, affinché tali scandali siano conosciuti da tutti. Ma il Cafone non é in grado di apprezzare nemmeno i doni e le elargizioni liberali dei suoi detrattori. Perle ai porci.

Più oltre il Cafone conclude con un consiglio al redattore:

Farebbe meglio ad usare quel tempo al trave o al pangulli che lo vedo parecchio basso di massimale.

Anche in questo passaggio, troviamo conferme del grave stato di prostrazione psicologica che la sindrome maniaco-depressiva, già altrove stigmatizzata, ingenera nel Cafone.

Egli ha come unico Dio il massimale, e come unici strumenti della sua liturgia il trave e il pangullich.

Ce lo figuriamo davanti ai suoi oggetti devozionali, calibrando al secondo i recuperi con il cronometro (ne sentiamo l’assordante bip bip), mentre inanella serie su serie di esercizi piramidali. Su e giù. Mano sinistra mano destra. Tacca uno, tacca tre, tacca cinque, tacca due, tacca uno,  cambio mano, tacca uno, etc. Un minuto e trenta di recupero. Altra serie. Una interminabile sequenza combinatoria n-fattoriale di diverse microvariazioni dello stesso, stupido, noioso, alienante e nerboruto gesto, accompagnata da una monotona e altrettanto alienante selezione di musica techno, appositamente predisposta dal gestore della palestra per eliminare ogni barlume di sentimento, grave minaccia per la psicotica e paranoica routine del fedele trazionista. Annullamento del pensiero critico, riduzione di se stessi ad un funzionale ma banale coacervo di muscoli-ossa-tendini, eliminazione del discernimento e del libero arbitrio, nichilismo del pensiero e della volontà, sospensione dell’esistenza in quanto autocoscienza. In sostanza un totale annullamento dell’Essere in senso ontologico. Il tutto per un unico scopo: aumentare il massimale.

Per concludere, il redattore indirizza, anche questa volta a scopo didattico e costruttivo un’esortazione.

Cafone, non fare come Don Cassandro: a questo mondo non esistono solo le trazioni e il massimale. Ci sono anche le femminucce, carine, simpatiche e che fanno il 6a. Non trattarle male, sii cavaliere, non fare il cafone come tuo solito ma soprattutto, ogni tanto, trombatene una.