Gentili lettori, il redattore deve ammettere di essere disorientato. Il nitore delle evidenze probatorie e documentali che giungono agli occhi e agli orecchi del redattore quando si parla delle cafonerie del Cafone, perdono definizione e dettaglio quando ci si riferisce alla sua relazione con le donne.
Il redattore gli aveva appena lanciato l’invito, alla fine del precedente scritto, a trombare un po di più, che subito Marco Bradipo ci sorprende con il seguente post:
L’incongruenza è stata immediatamente stigmatizzata dal solito Rob Buzz Uzzi, attento ed imparziale osservatore, che ha richiamato subito l’attenzione di Nando Zanchetta, incolpevole ambasciatore degli scritti del Nuovo Redattore.
A parziale giustificazione del travisamento operato dal redattore, si vuole citare un vecchio post di Marco Bradipo dove egli deliberatamente dichiarava di essersi allontanato dalle donne, in quanto ostacolavano la sua luminosa carriera di climber. Eccolo:
Di fronte a questo enigmatico rompicapo, il redattore ha avviato un’approfondita indagine, che lo ha portato in breve tempo a chiarire almeno parzialmente la questione.
Tuttavia, per giungere a tale risultato il redattore si è visto costretto a mettere in atto comportamenti gravemente lesivi della dignità umana, ai danni di Marco Bradipo e ora la sua onestà intellettuale non gli consente di esimersi dal denunciare pubblicamente le malefatte di cui si è reso protagonista. Il redattore è infatti il mandante di un furto perpetrato dal suo sgherro Nando Zanchetta, coadiuvato per gli aspetti logistici dall’amico Filiberto dè Barberis di Castelvetere, e architettato allo scopo di sottrarre informazioni segrete e personali al Cafone. Il colpo è stato organizzato fin nei minimi particolari ed ha in effetti sortito esito positivo, tal che il redattore ne può descrivere di seguito la dinamica.
Il Cafone suole andare in palestra per i suoi lunghi ed alienanti allenamenti e, in quella situazione, è solito abbandonare il proprio voluminoso zaino proprio all’ingresso della sala esercizi. Tale ingombrante bauletto ha sempre destato, per le sue rilevanti dimensioni, la curiosità degli sportivi avventori della palestra, in primis lo Zanchetta e il dè Barberis di Castelvetere. Costoro hanno quindi malevolmente contattato il redattore per chiedergli se ritenesse utile una verifica del suo contenuto. Il redattore, cronista d’assalto e amante della pura verità, si è ovviamente dichiarato disponibile a sostenere i due in questa meschina e perniciosa azione, comunque messa in atto, lo si deve ammettere, per sincero spirito di conoscenza.
Il piano prevedeva l’attenta ispezione del contento dello zaino del Bradipo e il reperimento di informazioni che potessero dare indicazioni sulle origini e gli sviluppi della cafonaggine del Cafone ed eventualmente della sua condotta contraddittoria con il gentil sesso. Almeno queste erano le speranze del redattore.
Il momento dell’apertura dello zaino è stato attentamente studiato, verificando al secondo gli spostamenti del Cafone in palestra ed i suoi piani di allenamento.
Si è infatti constatato, in fase di pianificazione del colpo, che il Bradipo, dopo 80 – 90 minuti di attento riscaldamento (corsa leggera, flessioni sulle gambe e sulle braccia, addominali, torsioni del busto, manubri leggeri per deltoide, bicipite, tricipite, bradipiale, brachiale, coraco-brachiale, supinatore, estensori breve e lungo del carpo, flessori e estensori, sia brevi che lunghi, sia radiali che ulnari, pronatore rotondo, anconeo, brachioradiale e estensori propri del pollice, del mignolo e delle altre dita), procede concentrato e determinato verso gli esercizi al trave. Due volte alla settimana il tema è Power Endurance: serie di 22 trazioni sulla tacca da 5 millimetri, e successiva sospensione senza soluzione di continuità fino al completamento dei 5 minuti, da ripetere per 6 volte, per un totale di 30 minuti per ogni serie. Tutto senza mai scendere dal totem. Una macchina da guerra, un fenomeno della natura, recentemente oggetto di studio da parte del dipartimento di Human Physiology dell’Università di Princeton (New Jersey). Il prof Oliver Hardy, che ha condotto le ricerche, sostiene di non aver mai visto nulla di simile e che probabilmente si tratta di un’anomalia genetica dovuta ad un’alterazione del genoma (il nucleotide G), che nel corpo umano è delegato alla metabolizzazione della magnesite e del crack.
Lo Zanchetta, con il dè Barberis che faceva da palo simulando delle facili arrampicate sulle ronchie della vicina placca (quelle difficili non potrebbe comunque farle), avrebbe avuto quindi circa 30 minuti per agire. E così è stato.
All’apertura dello zaino, il fedele Nando Zanchetta ha trovato vari oggetti: un pettine un po unto, un paio di occhiali Rayban (probabilmente quelli prestati a Mozart), delle palle di gomma per l’allenamento delle dita, vari scontrini di pedaggio autostradale (Roma-Orte e Roma-Fiano Romano), uno scontrino del Bar Centrale di Vitorchiano e, audite audite, il diario privato di Marco Bradipo. La lucidità di Zanchetta è stata straordinaria: in pochi minuti ha fotografato con il suo smartphone tutte le pagine del diario e ha rimesso a posto il prezioso documento. Al suo ritorno, il Cafone, visto il suo normale stato di rincoglionimento e considerate le quantità eccessive di acido di lattico che in quei momenti invadevano i suoi neuroni bloccando l’attività elettrica delle sue sinapsi, non gli hanno consentito di osservare che lo zaino era stato manomesso.
Il redattore ha quindi ora a disposizione una serie di preziosissimi elementi, che lo aiuteranno a far luce sulla controversa e complessa personalità del Bardipo.
Si deve in primo luogo riconoscere che le risultanze di quanto reperito nel diario hanno del sensazionale: il redattore credeva che il Cafone fosse da sempre un cafone, che il suo animo, ora abbrutito dalle trazioni, e il suo cervello, ora annullato dalla fissa per i gradi, fossero per nascita e per indole di un qualche rango inferiore.
Niente di più sbagliato. L’immagine che il diario ci restituisce è quella di un ragazzo sensibile e cogitabondo, i comportamenti del quale, a causa di certi avvenimenti che lo hanno condizionato durante l’infanzia e l’adolescenza, hanno preso una incontrollata deriva cafona.
Il diario, sotto forma di epistolario indirizzato ad un suo confidente immaginario, certo Wilhelm, verte sostanzialmente sul suo amore non corrisposto per la bella Bernadette.
Come i lettori sanno, Marco Bradipo conobbe Bernadette alle scuole medie. Vivevano entrambi al centro di Roma: lei in Via del Babbuino nello spazioso appartamento acquistato da papà, affermato chirurgo, piano alto, soffitti a cassettoni, diversi disimpegni, triplo salone, tripli servizi, luminosissimo, balconatissimo, dove ella ancora vive con la famiglia; lui a Via Flaminia, poco fuori Porta de Popolo, in un appartamento affittato a equo canone per 90 euro al mese da un Ente, con un contratto della durata di 99 anni, ereditato (il contratto) alla morte della nonna. Nonna Bradipo, una donna tutta casa e chiesa, lavorava a servizio nell’abitazione di un assessore democristiano al Comune di Roma negli anni ’70 ed era riuscita, dopo anni di onorata professione, Dio volendo, a farsi assegnare questa unità immobiliare, promettendo voti alla DC, il suo e quelli dei suoi discendenti, per l’eternità. Da questo punto di vista il Bradipo, tutto sommato, è un ragazzo fortunato.
Per questa vicinanza abitativa, lui e Bernadette frequentavano la stessa scuola. Appena lui la vide, il primo giorno di scuola, fu subito amore: gli occhi azzurri, i capelli biondi con le trecce, la pelle trasparente come alabastro, il sorriso etereo, lo sguardo altero, il principesco e nobile incedere di Bernadette, ma soprattutto il Mercedes Pagoda cabrio di suo papà, fecero immediatamente breccia nel cuore borgataro del Cafone. Lei non lo guardava nemmeno e lo salutava a mezza bocca alla prima ora, per poi dimenticarsene del tutto come se fosse un appestato.
Lui ne soffriva molto, almeno questo risulta dal suo diario, e per reazione, cercava di farsi notare fumando sigarette senza filtro, mettendo miccette sotto la cattedra dei professori, tirando bombette puzzolenti a Carnevale, dicendo bestemmie e parolacce e picchiando i suoi compagni più piccoli. Ma Bernadette, nonostante queste leziose e galanti dimostrazioni d’amore, aveva occhi solo per Filiberto, il suo fidanzato da sempre.
Durante la ricreazione i ragazzi giocavano e Bradipo cercava di avvicinarla.
Leggiamo dal suo diario, notando qualche somiglianza con alcuni scritti di Johann Wolfgang von Goethe:
Quale brivido mi corre nelle vene quando per caso le mie dita toccano le sue, quando i nostri piedi s’incontrano sotto il banco! Mi ritiro come dal fuoco, una segreta forza mi spinge avanti di nuovo, e tutti i miei sensi sono presi da vertigine. E la sua innocenza, la sua anima ignara non le lasciano comprendere come queste piccole familiarità mi fanno male. Se, giocando, lei posa la sua mano sulla mia, se a mosca cieca lei si avvicina a me in modo che il suo alito divino sfiori le mie labbra, io credo di morire, come percosso dal fulmine. E se una volta, caro Wilhelm, quell’anima celeste e fiduciosa io osassi… tu mi capisci? No, il mio cuore non è così corrotto! Ma è debole, molto debole, e questa non è forse corruzione?
Lei mi è sacra. Ogni desiderio tace alla sua presenza. Non posso dire quello che succede in me quando le sono vicino; mi pare che tutta l’anima si riversi nei miei nervi. Bernadette conosce una melodia che suona al pianoforte con un’angelica espressione, con grande semplicità e spirito. è la sua aria preferita, e appena suona la prima nota all’ora di musica, fuggono lontano da me pene, preoccupazioni, capricci. Sono così preso da quella semplice melodia che non mi pare inverosimile niente di quel che si racconta del fascino della musica antica. E come lei sa cominciarla al momento opportuno, proprio quando starei per tirarmi una palla nella testa. Il cupo turbamento della mia anima si dissipa, e io di nuovo respiro liberamente.

Ritratto di Goethe, da cui il Cafone ha attinto a piene mani nel suo diario. (Joseph Karl Stieler, 1828, olio su tela)
Non è incredibile? Il diario del Cafone è costellato di simili afflati amorosi, ma il redattore, per non peccare di impudicizia, preferisce ometterne la pubblicazione.
Un giorno, al liceo, il Cafone scoprì che in effetti Bernadette se la rifaceva con Filiberto. La sua delusione fu cocente:
Talvolta non posso concepire che un altro possa, osi amarla, mentre io l’amo così unicamente, profondamente, compiutamente, e non conosco, non so, non ho che lei al mondo!
E ancora, più avanti:
Lei sente ciò che io soffro: oggi il suo sguardo mi è arrivato fino al cuore. L’ho trovata sola, che fumava di nascosto dalla bidella al bagno del secondo piano; non ho detto niente, e lei mi ha guardato. E in lei non ho più visto l’affascinante bellezza, la luce del nobile intelletto: tutto era scomparso ai miei occhi: un più splendido sguardo agiva su di me, esprimendo tenero interesse, dolce compassione. Perché non ho osato gettarmi ai suoi piedi? Perché non ho osato gettarmi al suo collo e coprirla di baci?
La situtazione si faceva quindi sempre più insostenibile, e Bradipo decise così di allontanarsi dalla quella scuola per non soffrie, fin quando si cominciò a credere che fosse passata la sua cotta. La giustificazione per la sua dipartita fu: So’ troppo soggetti sti’ ricconi demmerda!
Un giorno Bradipo apprese che Filiberto andava in montagna e che aveva trasmesso questa passione alla sua amata Bernadette. Se ne andavano il sabato e la domenica sui monti a fare delle lunghe e remunerative escursioni. Panorami sconfinati sui monti Lucretili, Tiburtini e Ruffi. Estenuanti scarpinate sulle incontaminate vette dei monti Sabini. Spericolate giornate outdoor sulle ripide pendici dei monti Ernici, con bussola e k-way.
In poco tempo Bradipo acquistò il suo primo paio di scarpe da trekking e cominciò anche lui ad andare per monti. Memorabili le sue impressioni di quei magici giorni, sulla vetta del Monte Gennaro davanti al meraviglioso spettacolo del Monte Pellecchia:
La mia anima è pervasa da una mirabile serenità, simile a queste belle mattinate di maggio che io godo con tutto il cuore. Sono solo e mi rallegro di venire in questi luoghi che sembrano esser creati per anime simili alla mia. Sono così felice, mio caro, così immerso nel sentimento della mia tranquilla esistenza che la mia arte di camminare in montagna quasi ne soffre. […]
Quando l’amata valle intorno a me si avvolge nei suoi vapori, e l’alto sole si posa sulla mia foresta impenetrabilmente oscura, e solo alcuni raggi si spingono nell’interno sacrario, io mi stendo nell’erba alta presso il ruscello che scorre, e più vicino alla terra osservo mille multiformi erbette; allora sento più vicino al mio cuore brulicare tra gli steli il piccolo mondo degli innumerevoli, infiniti vermiciattoli e moscerini, e sento la presenza dell’Onnipossente che ci ha creati a sua immagine e ci tiene in una eterna gioia.
Dalle escursioni all’alpinismo il passo fu breve. Bradipo capì che almeno in questo sport poteva surclassare Filiberto, il suo nemico giurato.
Cosi cominciò la sua ascesa nel climbing: allenamenti continui, studi di anatomia applicata, applicazione dei metodi di allenamento più sofisticati, alimentazione controllatissima, viaggi in tutte le principali location di arrampicata e blocchi del mondo.
Sembrerebbe che il contatto con la roccia lo trasformò: la componente wertheriana del suo carattere scomparse completamente per lasciare spazio esclusivo alla sua componente cafona, facendo di lui un rabdomante del punto G.
Fu questo il periodo in cui il Cafone conobbe i piaceri del sesso e si buttò corpo e anima nella conquista di quante più femmine fosse possibile. Il diario ce ne da evidenza, assommando il totale delle sue conquiste a ben 2.065 donne, suddivise per paese e per falesia, in una lista riassuntiva stilata da Bradipo, nella parte finale del suo diario.
Italia: 640, tra Lumignano (commento: tutti caini demmerda), Ceredo (commento: fiche pazzesche), Arco (commento: ar campeggio se rimorchia ‘na cifra)
Germania: 231, principalmente in Frankenjura (commento: troppo naziste a letto)
Francia: 100, tra Orgon, Gorge du Loup, Ceuse (commento: troppa salita; arivavo stanco e duravo poco)
Turchia: 91, pricipalmente a Geyikbayiri (commento: qua arivano tutte vergini ar matrimonio……. ‘na figata……)
Spagna: 1003 tra Rodellar (commento: belle ‘e fichette ‘n costume che se fanno er bagno ar fiume), Margalef, Oliana, Siurana, e più di recente, Albarracin (commento generale: le spagnole so un po zozze ma so belle porche; stanno sempre sconvorte perchè se fanno ‘na cifra de canne).
Il Cafone in quei viaggi ne trombò di tutti i tipi: contadine, cameriere, cittadine, contesse, baronesse, marchesane, principesse, di ogni forma, di ogni età, bionde, brune, grassotte, magrotte, grandi e piccine, vecchie e giovani principianti (le sue preferite…), ricche, brutte, belle, purché portino la gonnella!
Sembra singolare, ma i numeri e le descrizioni delle sue conquiste coincidono quasi alla lettera con quelle di Don Giovanni, il dissoluto punito.
Il suo inserviente e compagno di ventura, Leporello, nella famosa Aria del Catalogo, ne parla ad una di esse, Donna Elvira, sedotta e abbandonata da Bradipo-Don Giovanni a Siviglia, per consolarla ma anche per metterla in guardia dall’innamorarsi di un simile mostro fellone, nido d’inganni.
Di seguito i versi pronunciati da Leporello, scritti dal grande Lorenzo Da Ponte e messi mirabilmente in musica dal solito divino Mozart, che costituiscono il secondo capitolo della rubrica La Musique du Cafon.
Madamina, il catalogo è questo
delle belle che amò il Cafon mio,
un catalogo egli è che ho fatt’io,
osservate, leggete con me.
In Italia seicento e quaranta,
in Lamagna duecento e trent’una,
cento in Francia, in Turchia novant’una,
ma in Ispagna son già mille e tre.
V’han fra queste contadine,
cameriere e cittadine,
v’han contesse, baronesse,
marchesane, principesse,
e v’han donne d’ogni grado,
d’ogni forma, d’ogni età.
Nella bionda egli ha l’usanza
di lodar la gentilezza,
nella bruna la costanza,
nella bianca la dolcezza.
Vuol d’inverno la grassotta,
vuol d’estate la magrotta;
è la grande maestosa,
la piccina è ognor vezzosa…
Delle vecchie fa conquista,
pel piacer di porle in lista;
ma passion predominante
è la giovin principiante.
Non si picca se sia ricca,
se sia brutta, se sia bella:
purché porti la gonnella,
il Cafone se le fa.
Il redattore invita i gentili lettori e ascoltatori, anche coloro che non apprezzano il genere, a porre attento orecchio a questa vetta assoluta della musica di tutti i tempi. Lo snocciolarsi della lista, con una valanga di note che precipita come le valanga di femmine sedotte dal Cafone, la vivida descrizione dei caratteri, la costante, la gentile, la dolce, la maestosa, la piccina, e lo scarto di clima che accompagna, con sinistra musica, il riferimento all’odioso vizio del Cafone di sedurre e abbandonare le verginelle, fanno di quest’aria un irripetibile e forse irripetuto esempio di espressività musicale. Per dirla ancora con Goethe “Quest’opera è unica nel suo genere e la morte di Mozart ha distrutto ogni speranza di poter vedere mai più qualcosa di simile.”
Alla fine dell’indagine, il redattore può quindi trarre la conclusione che il Cafone, oltre ad essere affetto da sindrome maniaco-depressiva, soffre anche di schizofrenia: oggi è Werther e soffre per amore di una donna, domani è Don Giovanni e ne seduce 2.065 in giro per il mondo.
Ma soprattutto quest’oggi il redattore deve chiedere scusa a Marco Bradipo, per due motivi.
Il primo, per aver sottratto a sua insaputa informazioni intime e per averle rese pubbliche senza il suo consenso.
Il secondo, per aver sospettato delle sue scarse capacità di seduttore e sciupafemmine, fatto che con tutta evidenza, risulta palesemente falso.
Pertanto, con la limpidezza e la probità che lo contraddistingue, e volendo restituire al Cafone quel che è del Cafone, il Nuovo Redattore ha chiesto al solito Edegardo er monnezzaro di rappresentare la di lui costernazione per quanto accaduto e porgere a Marco Bradipo, le sue più sentite scuse.
A Cafò, sto Novo Redattore nun aveva capito ‘n cazzo. T’ha dovuto ‘nculà er diario pe capicce quarche cosa. Te prego, o devi scusa’. Anzi….m’ha chiesto pure si je poi da l’agendina coi numeri de telefono, che se ne vò tromba quarcuna pure lui. Che je devo dì? Famme sape’……