Il Cafone e il divino Mozart

Dal giorno in cui il redattore ha lanciato il primo post su questo blog, ha atteso con ansia e trepidazione un seppur minimo cenno di riscontro da parte di Marco Bradipo, detto il Cafone. Il redattore visitava sovente e con avidità il diario Facebook del Cafone, sperando di trovare riferimenti ai suoi scritti. Ma ogni login si trasformava in una cocente e tormentosa delusione. Furono giorni pieni di angosciosa tristezza e le tribolazioni del mestiere di vivere pesavano come enormi macigni sul sensibile animo del redattore che rischiava di soccombere, ormai spossato e prossimo alla depressione. Un senso di solitudine cosmica lo invadeva, lui, inascoltato censore, solerte declamatore verso distratto uditore, teatrante senza pubblico, menestrello senza corte, solingo cantore dell’inutile.

Fin quando finalmente, in data 4 marzo 2015 il Cafone esternò e dunque esultanza e giubilo furono i sentimenti del redattore, che con ecumenico afflato li condivide ora gioiosamente con i suoi affezionati lettori.

L’agognato riscontro del Cafone è venuto sotto forma di commento alla sollecitazione venuta da un utente Facebook, certo Rob Buzz Uzzi, che lo aveva taggato nel condividere il post di uno dei precedenti scritti del redattore. Per questo motivo il redattore rende benemerenza e sincera gratitudine allo stesso Rob Buzz Uzzi per l’emerita opera di diffusione degli suoi modesti scritti.

Ecco il post e i successivi commenti del Cafone:

Il post di Robb Buzz Uzzi che ha sollecitato le risposte del Cafone

Il post di Robb Buzz Uzzi che ha sollecitato le risposte del Cafone

Come si può evincere, detto Rob Buzz Uzzi nella sua chiamata in causa ventila l’ipotesi che dietro la polemica con il Cafone si nasconda in realtà una questione di donne. Il redattore vuole senza tentennamenti sgombrare il campo da tale possibilità: una donna che potesse incontrare il gradimento del redattore giammai potrebbe generare interesse nel Cafone e viceversa. Parimenti, una donna che nutrisse interesse per il Cafone, fisico apollineo, sguardo arcigno e strafottente, mai potrebbe nemmeno solo posare il suo occhio sulla figura del redattore, fisico da topo di biblioteca, sguardo timido e ritroso.

Bradipo ci informa di aver avuto una donna nella città di Verona e di averla poi volontariamente abbandonata perché gli chiedeva di montare i 6a nella falesia di Lumignano. Era quindi anch’ella una pippa e come noto il cafone non può sopportare di intrattenere rapporti di nessun tipo, tanto meno amorosi, con una femmina che non si tiene. Nella logica primordiale e arretrata del cafone tra una donna pippa e le pippe, la scelta ricade sulle seconde. Evidentemente dopo il trauma sentimentale con Bernadette alle scuole elementari, non si e’ ancora ripreso.

Spiace rimarcare quanto ancora una volta il cafone si inganni. Anche il suo così limitato bagaglio esperienziale, dovrebbe avergli insegnato che le coppie dove entrambi i suoi membri si tengono nascono con un vulnus di base, un virus dormiente, un herpes simplex annidato nelle cellule, inalienabile e ineliminabile che la porterà a continue, lunghe, snervanti ed inutili discussioni e infine al fallimento del rapporto. Le dinamiche di coppia e le naturali frizioni che esse generano si scaricano in questa fattispecie nelle giornate di arrampicata: se lei cade sul tentativo, è colpa di lui che non ha fatto sicura bene; se lei non tiene la tacca è colpa di lui che non l’ha pulita dopo averle montato la via; se lei non blocca sul passaggio, è sempre colpa di lui che le ha consigliato una 7c morfologico.

Cafone, fidati: le migliori sono quelle che fanno il 6a a stento e che vedono in te, che sei forte e ti tieni, un feticcio da adulare, un superuomo sprezzante del pericolo, un’instancabile fucker con le mani nodose e sporche di magnesite, un toro da monta senza cervello, un Hans Dülfer da fessura bagnata, un Ragno da lecco, da usare nei momenti di intimità per soddisfare le loro più recondite e celate voglie. Tutto questo, per quanto stupido e cafone tu possa essere. Anzi proprio in virtù di ciò.

Nonostante la decisione sia sempre quella di star lontano dalle femmine, il redattore e i suoi lettori sanno che l’animo del burbero Cafone non riesce comunque a sottrarsi all’attrazione del gentil sesso. E sanno altresì che quando il Cafone ne trova una che gli fa le moine, sente il sangue in ogni vena che ribolle e fa blo blo, proprio come succede a Don Cassandro, scapolone, ricchissimo ma avaro, nell’opera buffa di Carlo Goldoni La Finta Semplice, musicata nel 1768 dal divino Mozart, all’età di soli dodici anni:

Ella vuole ed io vorrei
convenire non si puo.
Quando son vicino a lei
vale a dir: solus cum sola,
a un’occhiata a una parola
mi riscaldo, mi fo rosso:
mi par ch’abbia il foco addosso
sento il sangue in ogni vena,
che ribolle e fa blo, blo.

Giuliano Zuliani, illustrazione della Finta semplice (I.1), in Carlo Goldoni, Opere teatrali, Venezia

Giuliano Zuliani, illustrazione della Finta semplice (I.1), in Carlo Goldoni, Opere teatrali, Venezia

Ma poi il Cafone, si mette al pangullich, fa qualche serie di trazioni con il carico e, recuperando lucidità, gli si raffreddano i bollori:

Ma l’amor finisce qui
col sei a e coll’anello*.
Ed il sangue già bel bello
si rapprese, si gelò.

[qui il poeta si riferisce ovviamente all’anello della catena del 6a che il Cafone ha appena montato alla signorina]

A quel punto la povera lei è spacciata e il Cafone, pur soffrendone, la abbandona, senza possibilità di appello.

E son come un can barbone
tra la carne ed il bastone:
vorrei stender lo zampino
e al baston piu’ m’avvicino,
e abbaiando, mugolando
prendo il porco e me ne vo’

Ritenendo di far cosa gradita ai lettori e, in questo caso, agli eventuali ascoltatori, il redattore propone una bella incisione dell’aria in questione, inaugurando la rubrica La Musique du Cafon.

Il divino Mozart ci fa percepire qui, con evidente onomatopea, il ribollire del sangue del Cafone, la sua voglia di approfittare di questa femmina e il successivo rammarico per la decisione presa di rinunciarvi, in nome del grado. No, il 6a proprio non si può, prendo il porco e me ne vo’.

Wolfgang Amadeus Mozart, indossa per burla gli occhiali del Cafone

Wolfgang Amadeus Mozart, indossa per burla gli occhiali del Cafone

Il Cafone, nel prosieguo delle sue esternazioni, come consuetudine trascende:

Comunque in finale mio nuovo direttore machitesenkula. Ora avrai i tuoi 15 minuti di celebrità.

Anche in questo caso marco Bradipo fa dichiarazioni fallaci: il nuovo redattore sta dando celebrità a lui e non a se stesso. I suoi post, inutili ed insulsi, hanno trovato nell’invettiva del redattore una loro ragion d’essere, plausibilmente l’unica.

Egli ha addirittura inteso inserire i link ai suoi vaniloqui all’interno dei suoi scritti a dimostrazione che egli desidera dare massima udienza e diffusione ad essi allo scopo di generare l’indignazione generale: Oportet ut scandala eveniant,  (Matteo, XVIII, 7). É opportuno diffonderli, affinché tali scandali siano conosciuti da tutti. Ma il Cafone non é in grado di apprezzare nemmeno i doni e le elargizioni liberali dei suoi detrattori. Perle ai porci.

Più oltre il Cafone conclude con un consiglio al redattore:

Farebbe meglio ad usare quel tempo al trave o al pangulli che lo vedo parecchio basso di massimale.

Anche in questo passaggio, troviamo conferme del grave stato di prostrazione psicologica che la sindrome maniaco-depressiva, già altrove stigmatizzata, ingenera nel Cafone.

Egli ha come unico Dio il massimale, e come unici strumenti della sua liturgia il trave e il pangullich.

Ce lo figuriamo davanti ai suoi oggetti devozionali, calibrando al secondo i recuperi con il cronometro (ne sentiamo l’assordante bip bip), mentre inanella serie su serie di esercizi piramidali. Su e giù. Mano sinistra mano destra. Tacca uno, tacca tre, tacca cinque, tacca due, tacca uno,  cambio mano, tacca uno, etc. Un minuto e trenta di recupero. Altra serie. Una interminabile sequenza combinatoria n-fattoriale di diverse microvariazioni dello stesso, stupido, noioso, alienante e nerboruto gesto, accompagnata da una monotona e altrettanto alienante selezione di musica techno, appositamente predisposta dal gestore della palestra per eliminare ogni barlume di sentimento, grave minaccia per la psicotica e paranoica routine del fedele trazionista. Annullamento del pensiero critico, riduzione di se stessi ad un funzionale ma banale coacervo di muscoli-ossa-tendini, eliminazione del discernimento e del libero arbitrio, nichilismo del pensiero e della volontà, sospensione dell’esistenza in quanto autocoscienza. In sostanza un totale annullamento dell’Essere in senso ontologico. Il tutto per un unico scopo: aumentare il massimale.

Per concludere, il redattore indirizza, anche questa volta a scopo didattico e costruttivo un’esortazione.

Cafone, non fare come Don Cassandro: a questo mondo non esistono solo le trazioni e il massimale. Ci sono anche le femminucce, carine, simpatiche e che fanno il 6a. Non trattarle male, sii cavaliere, non fare il cafone come tuo solito ma soprattutto, ogni tanto, trombatene una.

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