Dopo il suo ultimo post, che ha raccolto diverse migliaia di contatti, nel quale il Nuovo Redattote ha sbugiardato Marco Bradipo, alias il Cafone, con la presente nota si ritiene di dover commentare i quanto mai graditi auguri di Buona Pasqua di Risurrezione cortesemente inviati dal Cafone. In quel post il Bradipo ha superato se stesso: organizzazione generale dello scritto degna di un ubriacone al quarto litro di Tavernello in confezione Tetrapack, periodare spezzettato e incoerente, idee e concetti inesistenti, prosodia da conversazione tra viaggiatori del quarantasette barrato all’ora di punta, intercalari poetici tratti della romanità più bieca e provinciale, parolacce a go-go ed un sopraffino accenno di blasfemia, troncato opportunamente prima della lettera d maiuscola. Grazie di cuore, Cafone. Hai dato mercé alla tua incommensurabile e stratosferica cafonaggine e il redattore te ne rende merito! Ancorché quasi totalmente incomprensibile, l’impenetrabile foresta tropicale che è lo scritto generato del cervello flautolente di Bradipo (questa sembra sia piaciuta e il redattore la riutilizza volentieri) offre ad onor del vero la possibilità individuare alcuni abbozzi di frasi di senso compiuto. Leggiamo un estratto degli sproloqui del Cafone: E quello che mi preoccupa ancora di più è questa sedicente deriva culturale, gli improbabili endorsement dell’ultima ora, tipo E gli anni ’80? E le pippe mentali? E le scopate mancate? E le vie salite? e Ma quanto era figo prima … e Ma quanto è-stata-un’esperienza-indimenticabile-che-non-potrà-mai-più-ripetersi-e-quanto-mi ci-sono-divertito-in-quel-periodo-dell-eta-dell-oro-dell-arrampicata-italiana-che-mai-piu-ritornera? In primo luogo si rileva che, più della ipotizzata deriva culturale, ciò che desta preoccupazione è, al contrario, la deriva cafona, di cui il Cafone è evidentemente rappresentante e protagonista di prima grandezza. Mai simile ignoranza e sbruffoneria aveva avuto modo di affacciarsi sulle pubbliche scene e di ciò i lettori non smetteranno mai di dolersi. Per altro verso, caro Bradipo, siamo d’accordo: nessuno rimpiange gli anni ottanta, i Duran Duran e gli Spandau Ballet, il tamarrissimo Scialpi, e la meteora del belcanto Lena Biolcati che vinse il festival di Sanremo nella sezione Nuove Proposte con un successo, durato qualche ora, dall’originalissimo titolo, Grande Grande Amore. Nessuno tanto meno rimpiange Pippo Baudo e Mike Bongiorno con le loro vallette e soubrette abbigliate con camicette dalle spalline in gommapiuma, con messa in piega, lacca e meche ai capelli. Tutti buoni motivi, su questo c’è da concordare con il Cafone, per occultare sotto un pesante macigno, in modo definitivo ed irrevocabile, gli anni dell’edonismo reaganiano e della Milano da bere. Un mediocre cantante dell’epoca si chiedeva Cosa resterà di questi anni ottanta. Domanda intrisa di pregnanza storica e di irrisolte problematiche esistenziali. Ora lo sappiamo: è rimasto ben poco e per questo l’umanità tutta si sente immensamente sollevata. Tuttavia, per quel che concerne il climbing, qualcosa merita di essere conservato: in quegli anni alcuni pionieri portarono l’arte del salire i monti su delle piccole e insignificanti roccette di fondovalle al solo scopo di divertirsi scalando, fregandosene della bandierina piantata in vetta e della lotta con la natura avversa. Un salto di qualità più culturale che sportivo ideato, sostenuto e messo in opera da personaggi ormai mitici, tra cui in questa occasione piace citare il compianto Patrick Berhault e Andrea Gallo, apritori di due vie di riferimento nel settore Alveare, a Finale Ligure.
Liquidare i grandi del passato come dei vecchietti nostalgici un po’ rincoglioniti solo perché oggi hanno voglia di raccontare e scrivere le proprie esperienze è una scelta, a modesto parere del Redattore, sbagliata prima che ingiusta. Il Cafone, che dichiara anch’egli di annoverare tra i suoi miti Wolfgang Gullit, dovrebbe sapere che i giovani di oggi che si avvicinano a questo meraviglioso sport apprezzano i protagonisti della vecchia scuola e ne divorano le storie e i racconti, come avventure uscite da un libro di avventure, pendono dalle loro labbra quando fanno dichiarazioni o conferenze e ammiccano orgogliosi gli uni agli altri quando li incontrano in falesia, sussurrando tra loro Aho, quello è Manolo. Per costoro, molti dei quali pensano che Mariacher sia una torta al cioccolato con le suole in vibram, una giornata in falesia con uno di loro vale più di una bella realizzazione a vista: immergersi nelle storie dei pionieri di questo sport rappresenta comunque una scoperta, come i nipotini che ascoltano le storie del bisnonno reduce dalla campagna di Russia. Per il Cafone no. Lui desidera che tutto ciò scompaia, insieme alle pippe che ancora frequentano le location storiche, strapiene di odiati, inutili, unti, e quindi durissimi, 6a. Lo immaginiamo guidare le sue truppe armate in una lotta senza quartiere, come un invasato integralista, che, con indomita furia iconoclasta, distrugge le vecchie falesie, possibilmente con gli scalatori attaccati, cannoneggiando a colpi di mortaio placche, cenge e pilastri e irrorando di napalm la base delle pareti affinché non possano mai più essere calcate da umano piede. Si, perché al Cafone piace l’odore del napalm al mattino quando va a scalare. Il Redattore ha chiesto ad un suo vecchio conoscente, il regista Francis Ford Coppola, di girare alcune scene durante l’attacco sferrato recentemente dal Cafone contro le falesie di Finale Ligure, simbolo del vecchio e oggetto di questo ingrato destino solo perché, agli occhi di Bradipo, sono piene di vie facili frequentate dai crucchi magnapatate e dai caini de ‘mmerda, per citare le sue fini parole. Ne è uscito il cortometraggio, dal titolo emblematico Apocapippe now, che il regista ha voluto pubblicare sul blog del Nuovo Redattore. Coppola ha scelto per l’occasione uno dei pezzi più potenti della storia della musica: La Cavalcata delle Walkirie, niente di più adatto per accompagnare le bravate del Cafone. Il Redattore informa che la visione di alcune scene è consigliata solo ad un pubblico adultero (aho…er cafone me sta a contaminà pur’a mme). Buona visione. PS: il Redattore ringrazia di cuore un suo amico lombardo per l’ideazione del soggetto.