«Da questa mia esperienza nella natura selvaggia, che mi ha condotto alla conquista in scalata solitaria invernale della vetta del Grosser Krottenkpof nelle Alpi Bavaresi, possiamo pertanto constatare, egregi delegati, come le argomentazioni da me addotte durante la presente conferenza dimostrino, qualora ve ne fosse ancora necessità, che la capacità di adattamento alle più variegate situazioni ad ambientazioni che l’individuo è indotto ad affrontare, siano ad un tempo la salvezza e la sventura del genere umano».
Così sentenziò il dottor Hans Stuff, alpinista e filosofo, a conclusione del suo dotto intervento e tutti i partecipanti al consesso applaudirono, infervorati da quei ragionamenti puri come acqua di sorgente, logici come un teorema di algebra e magistralmente esposti come le tesi di un retore.
Il dottor Stuff aveva infatti raccontato gli accadimenti che avevano avuto luogo durante la sua scalata, ultima frontiera dell’alpinismo, ricca di pericoli e incertezze ma alfine coronata da un glorioso successo. La solitudine, il maltempo, le rigide temperature invernali, la via prescelta per la conquista della vetta, che percorreva la parte più impervia della parete, tra ghiacci perenni e friabili rocce verticali, misero a dura prova il carattere e il fisico del dottor Stuff durante i tre giorni all’addiaccio trascorsi sulla montagna. Solo la sua formidabile capacità di adattamento, per l’appunto oggetto della sua conferenza, gli aveva salvato la vita e lo aveva condotto a questa mirabile conquista.
La serata al Kuturlverein della famiglia Heinrich era appena all’inizio sebbene il dottor Stuff avesse parlato per più di un’ora, e i presenti già cominciavano ad avvicinarsi con aria indifferente al ricco buffet che i padroni di casa, il signor Gustav Heinrich e sua moglie Alma, avevano come al solito fatto preparare con profusione di mezzi e inusitata cura del particolare. Gli invitati, in gran parte abituali frequentatori di quella casa, conoscevano molto bene sia le noiosissime relazioni delle salite alpinistiche del dottor Stuff sia i manicaretti e le golosità che la signora Heinrich faceva preparare alla servitù, la quale era stata fin dai primi tempi educata ad approvvigionarsi senza badare a spese presso i migliori rivenditori della città e a far giungere, quando necessario, ingredienti di alta qualità da tutta la Sassonia e persino da Gottingen. Per questo motivo quando a Dresda gli Heinrich organizzavano una serata, tutti i personaggi in vista erano ansiosi di ricevere un invito.
Ovviamente i motivi culturali e alpinistici erano di gran lunga prevalenti su quelli culinari: il Circolo era il solo luogo della città dove si potesse discutere di alpinismo, filosofia, economia, politica, musica e letteratura con le persone più dotte, i professionisti più stimati e i commercianti più affermati della provincia. Il dottor Stuff, ancora accerchiato dalle persone che si prodigavano in complimenti per la temeraria scalata e per la colta discettazione con la quale l’aveva descritta, si era già avvicinato, con largo anticipo su tutti gli altri, al buffet delle carni e stava addentando con classe un ottimo stinco affumicato con salsa di uvette. La signora Heinrich, cercando di farsi spazio nella calca, si avvicinò a lui con un largo sorriso stampato sul viso, come per voler mettere di buon umore il dottor Stuff, che, dopo il successo della sua conferenza, ne aveva uno già ottimo.
«Dottor Stuff, che gran coraggio, che scalata memorabile! E che bella la sua conferenza! Devo dirle che questa sera è stato veramente insuperabile».
«La ringrazio molto, signora Heinrich,» disse il dottor Stuff pavoneggiandosi nel suo panciotto «ma queste mie modeste imprese e riflessioni nulla aggiungono, ahimè, alle conoscenze umane, e non sono poi tutta farina del mio sacco. Gran parte delle tesi da me sostenute affondano le proprie radici in molta filosofia sociologica del secolo scorso. Ma credo fermamente che esse possano propriamente ed utilmente essere applicate alle nostre moderne società, aiutandoci non poco nella loro comprensione».
La signora Heinrich stava quasi per ricominciare a sbadigliare, ma riuscì con destrezza a portare il discorso dove ella desiderava. «Ho apprezzato molto le sue conclusioni riguardo alla capacità di ognuno di noi di adattarsi alle situazioni. Io trovo che sia una caratteristica molto positiva nel carattere di un uomo». Il dottor Stuff già intuiva che la signora Heinrich intendeva di nuovo riprendere il discorso, per lui ormai chiuso, del matrimonio con sua figlia Carlotte. La questione del matrimonio aveva tenuto la famiglia Heinrich sulle spine per lungo tempo ma, nonostante i febbrili contatti e le intercessioni di molte personalità di Dresda, il dottor Stuff si era alla fine risolto a negare il proprio consenso alla famiglia.
Durante il colloquio in cui comunicava la propria decisione, il dottor Stuff, visibilmente imbarazzato, si vide costretto a motivare le proprie scelte con la volontà di continuare la sua attività alpinistica e di approfondire gli studi filosofici a cui si dedicava ormai da anni e per i quali era conosciuto in tutto il paese, ma sia la signora che il signor Heinrich non poterono fare a meno di pensare che quel suo rifiuto fosse dovuto esclusivamente al problema della loro amata figliola, praticamente muta dalla nascita e, a detta dei migliori specialisti, senza speranze di miglioramento. Del resto i signori Heinrich si erano orientati verso il dottor Stuff credendolo una persona sufficientemente colta da non badare a particolari di natura fisica così insignificanti e stimando che Carlotte potesse sedere al fianco del dottor Stuff senza sfigurare, grazie alla sua raffinatissima educazione, alle sue buone maniere, alla sua ben coltivata passione per il pianoforte nonché, da ultima, alla sua bella presenza. Non avevano pensato, i signori Heinrich, che un eminente intellettuale come il dottor Stuff, aveva bisogno, anche nel privato della propria stanza da letto, di scambiare opinioni su ogni possibile argomento. Al contrario la povera Carlotte, sebbene coltivasse letture dotte fin dalla prima adolescenza, non era evidentemente la persona più indicata per conversare. Dopo quel rifiuto, pacato ma deciso, la signora Heinrich non aveva mai più accennato alla questione con nessuno, nemmeno con il marito, per evitare ulteriori ed inutili dolori.
Ma la dotta disquisizione che il dottor Stuff aveva presentato al Circolo quella sera, prestava il fianco ad un attacco mirato e magnificamente coerente con le idee dello stimato dottore. La signora Heinrich puntava ad inchiodare il dottore proprio sui cavilli, sui vizi teorici dei sillogismi grazie ai quali egli riusciva sempre a spuntarla e che avevano fatto di lui un affermato studioso e conferenziere.
«Vede, signora Heinrich, posso convenire con lei che la capacità di adattamento sia, in gran parte dei casi, segnale di apertura mentale, di intelligenza e che nell’arco di una vita possa portare l’individuo ad ottenere ciò che egli desidera o almeno ciò che egli pensa di desiderare. Tuttavia non ho potuto esimermi, nel mio intervento, dall’ammonire ognuno di noi a non abbassare la guardia, a non scambiare una legittima e giusta propensione alla ricerca del compromesso con una preoccupante e a volte morbosa tendenza al facile accomodamento. Non è bene accettare il destino senza opporvisi con la dovuta fermezza, e adagiarsi lasciando il campo ad una quantomai deprecabile rassegnazione».
La signora Heinrich sentiva rimbombare le parole del dottor Stuff nelle sue orecchie come se fossero direttamente e senza equivoci riferite al mancato matrimonio con Carlotte. Ma decise comunque di giocarsi le ultime carte. «Dottor Stuff, lei sostiene che una certa propensione al compromesso è una qualità nient’affatto nociva e che il guidare la propria esistenza assecondando le proposte del mondo esterno con ferme e precise scelte non può essere considerato un comportamento sintomo di rassegnazione».
«Esattamente, signora Heinrich» disse il dottor Stuff cercando di concludere il discorso, senza riuscirvi e in qualche modo rimanendo sorpreso dalla lucidità dei ragionamenti della signora.
«Sarebbe quindi coerente con il suo pensiero,» proseguì la signora Heinrich «cedere a quel compromesso che, per amore della scienza e delle sue montagne, ha già una volta rifiutato, e che lei potrebbe, dall’alto della sua intelligenza e lungimiranza, condurre laddove desidera. In tutta sincerità, dopo molti mesi, io e mio marito Hubert, non ci siamo ancora arresi all’idea di vedere la nostra adorata figliola, così colta e sensibile, così amabile e stimata, per sempre lontana da chi ha più volte mostrato per lei sincero interesse. Siamo certi che le ragioni che l’hanno indotta ad un rifiuto possano essere riconsiderate alla luce delle nuove idee che tanto lucidamente avete esposto questa sera».
Il dottor Stuff voleva controbattere ma si rammentò di avere in passato effettivamente mostrato un certo interesse per la signorina Heinrich, dettato certamente da sincera pena cristiana ma anche dall’abbondante decoltè di Carlotte, e si sentiva pertanto messo all’angolo dalla inattesa quanto spregiudicata dialettica di quella donna, pronta a tutto pur di trovare un marito alla propria figlia. « Io e Hubert saremmo veramente onorati» incalzò la signora Heinrich «se lei volesse unirsi a noi in occasione del ricevimento per il concerto che Lotte terrà venerdì sera per i nostri intimi amici».
Il dottor Stuff, non potè far altro che acconsentire, suo malgrado, a quell’invito che avrebbe cambiato la sua vita.
***
Aveva avuto ragione la signora Heinrich: Carlotte era realmente amabile, amorevole, colta, stimata e sapeva condurre la casa come la migliore delle governanti. Che si trattasse di impartire ordini per la spesa, di organizzare i ricevimenti per le conferenze del marito, di disporre per il concerto del venerdì sera o di programmare le giornate per il piccolo Gerhard, il loro biondissimo erede, Carlotte era sempre impeccabile. La presenza di un maggiordomo esperto e solerte come Wolfgang, era forse addirittura superflua se non fosse stato per quelle difficoltà di comunicazione che ella aveva nei confronti delle persone non abituate ad avere relazioni con lei. L’organizzazione e l’efficienza erano comunque perfette nella grande villa degli Stuff, dove i tre si erano trasferiti dopo che la vecchia zia aveva designato il dottore come unico erede, lasciandogli, oltre alla villa, la rispettabile somma di ottocentomila marchi.
Nonostante il mutismo di Carlotte, i due erano riusciti a stabilire delle modalità di comunicazione abbastanza efficienti e accadeva sovente che essi potessero a gesti intrattenere colloqui durante il pranzo o la cena sugli argomenti più svariati. Carlotte aveva persino iniziato ad organizzare una nuova serie di conferenze, da svolgersi immediatamente prima del suo concerto di pianoforte del venerdì, a beneficio suo e delle sue amiche, con la partecipazione di padre Meyer, stimato pastore della diocesi di Gottingen.
Nell’ambito di questa serie di conferenze su temi morali, un giorno padre Meyer decise di trattare il tema del matrimonio, sicuro di destare l’interesse di tutte le sue attente ascoltatrici. Data la delicatezza del tema e per evitare improprie supposizioni, i mariti furono anch’essi invitati da padre Meyer a partecipare alla conferenza, in qualità di semplici osservatori senza diritto di intervento. Ciò aveva anche il fine di verificare se e come venissero applicati nelle loro famiglie i precetti di una buona condotta cristiana.
«Per voi, sensibili giovani donne che hanno avuto la fortuna di una adeguata educazione» esordì padre Meyer, «il giorno del matrimonio è, ironicamente, il più bello e il più terrificante giorno della vostra vita. Da una parte la sposa è protagonista indiscussa di una stupenda ed ispirata cerimonia, simbolo del suo trionfo nel momento in cui ella si impegna davanti al Signore ad assicurare ad un uomo tutto ciò che egli nella vita necessiterà. Dall’altra, c’è la prima notte di nozze, durante la quale la sposa dovrà affrontare la terribile esperienza del sesso. Care e fedeli ascoltatrici convenute qui, lasciatemi dire una toccante verità!» e Padre Meyer si schiarì la voce facendo una lunga pausa, mentre il suo volto si copriva di sincero sdegno. «Alcune giovani donne, in questi tempi di lascivia morale, anticipano la prima notte di nozze con curiosità e piacere! Badate a far ciò! Un uomo egoista potrebbe sfruttare l’ingenuità di una sposa come questa».
Il dottor Stuff fece un sospiro di sollievo. Aveva egli stesso verificato in occasione del concepimento di suo figlio Gerhard, l’assoluta estraneità della moglie Carlotte alle lascivie morali a cui padre Meyer faceva riferimento.
«Una regola cardinale dell’unione,» continuò padre Meyer con tono perentorio «che non dovrebbe essere mai dimenticata da voi, signore, è la seguente: dar poco, dare raramente e soprattutto, dare con riluttanza. Altrimenti ciò che potrebbe essere un’unione di cristiano amore potrebbe trasformarsi in una terribile orgia di peccato. Molti uomini, se non gli fosse negato, chiederebbero di essere soddisfatti ogni giorno. La sposa saggia consentirà un massimo di due brevi esperienze sessuali settimanali durante i primi mesi dell’unione. Col passare del tempo dovrebbe poi fare ogni sforzo al fine di ridurre questa frequenza. Malattie, sonno e emicranie sono fra gli amici migliori della moglie in questa materia. Esse sono da manifestare un’ora prima dell’usuale approccio sessuale maschile. Le spose intelligenti saranno capaci di avvalersi di sempre nuovi e più efficaci metodi di negazione e scoraggiamento. Una buona moglie dovrebbe pensare di ridurre i contatti sessuali ad una unica volta settimanale entro la fine dei primi sei mesi dell’unione; e a una volta al mese entro la fine del primo anno di matrimonio. Entro il loro secondo anniversario molte mogli, con l’aiuto del Signore, sono riuscite a completare il loro compito di procreazione, e sono riuscite ad eliminare ogni ulteriore contatto carnale col proprio sposo».
Per il dottor Stuff ogni parola di padre Meyer era la conferma della rettitudine della sua condotta e di quella della sua famiglia. In effetti dopo i primi mesi di matrimonio, subito dopo aver appreso della gravidanza della moglie, il dottor Stuff cominciò, per l’estremo rispetto e la grande stima che nutriva per sua moglie, a ritirarsi ogni sera nel suo studio rimanendovi sino a tarda ora e rientrando nella stanza da letto solo quando Carlotte era ormai assopita.
Trascorse così i primi quattro anni della sua vita coniugale, scrivendo diversi saggi e percorrendo l’impero in lungo e in largo per salire le più importanti montagne delle Alpi. Fu un periodo fervido, ricco di successi intellettuali e sportivi che lo gratificò oltremodo. Ma sentiva tuttavia di aver trascurato, soprattutto negli aspetti intimi, la sua devota moglie Carlotte. Ma ora le parole di padre Meyer gli indicavano in modo chiaro e luminoso che il suo comportamento verso sua moglie era stato perfettamente coerente con i rigorosi dettami della Chiesa Protestante di cui era fervente sostenitore.
Ed era inoltre fiero che sua moglie non solo praticasse tali dettami ma si facesse parte attiva della loro diffusione.
***
In quel periodo tuttavia il dottor Stuff cominciò ad avere qualche problema: gli capitava, durante le lunghe ore serali di applicazione ai testi nel suo studio, di sentire ripetutamente l’eco di alcuni gemiti, del tutto nuovi e mai uditi fino ad allora. Egli cercava in tutti modi di scacciare questi pensieri, giudicati da lui una persecuzione, ma puntualmente, dopo qualche ora si ripresentavano. A volte gli capitava di sentire quei rumori tre, quattro volte nella stessa sera e solo lo studio intenso dei testi e l’applicazione riuscivano dopo qualche minuto ad allontanare quelle voci ossessionanti.
Si era quasi risolto ad andare da un dottore, quando successe un evento straordinario e inaspettato. Una sera, sul finire dell’estate, il dottor Stuff era preso dalla lettura del saggio ‘La società della ragione’, quando sentì di nuovo rimbombare nella sua testa quei gemiti, quasi delle urla, rumori umani gridati che non avevano un volto. Cercò di gettarsi di nuovo nella lettura, ma quelle urla non si dissolvevano.
In preda all’ansia decise dunque di andare a coricarsi prima del previsto, nella speranza che la vicinanza della moglie potesse essergli in qualche modo di conforto. Avvicinandosi alla loro camera da letto, attraversando la grande villa, i suoni risuonavano sempre più potentemente nelle sue orecchie ed il dottor Stuff credeva di impazzire. Entrò nella stanza deciso a chiedere alla moglie aiuto per quel suo stato di disperazione, una giustificazione per quei rumori immaginari che lo assalivano e gli impedivano persino di ragionare.
Trovò Wolfagang, il suo maggiordomo, sdraiato sul letto a pancia in su, con sua moglie Carlotte che, adagiata sopra di lui, ondeggiava dolcemente con il suo corpo nudo mostrando i suoi seni ben torniti. Carlotte, rivolgendo lo sguardo verso il marito rimasto impietrito sull’uscio, interruppe bruscamente i sui gemiti e, scesa di cavalcatura, indossò trafelata una vestaglia di seta.
Dopo qualche istante di gelida tensione, il dottor Stuff, con calma estrema, disse «Hai tradito il mio amore e la mia fiducia, hai approfittato della mia persona, della mia buona fede e dei miei soldi. Per questo credo che tu meriti una piccola lezione».
Si avvicinò alla scrivania, fissando negli occhi la moglie ancora accaldata e spettinata, prese in mano il tagliacarte in oro col manico in avorio, dono del suocero per la nascita di Gerhard, si avvicinò a lei, le aprì la veste scoprendole i seni e con freddezza e decisione infilò ripetutamente lo stiletto nel petto della moglie che continuava ad emettere rantoli e ad imbrattare le lenzuola con il rosso del suo sangue.
Quando Carlotte esalò l’ultimo respiro, il dottor Stuff rivolse lo sguardo verso il suo maggiordomo.
«Ai vostri ordini, dottor Stuff» rispose Wolfgang con ritrovata tranquillità.
«Vogliate provvedere al cadavere di mia moglie».
«Certamente, dottor Stuff».
Mentre Wolfgang eseguiva gli ordini impartitigli, il dottor Stuff si infilò il pastrano, scese in giardino, fece attaccare i cavalli al suo imperiale e si allontanò lungo la strada che portava ad est, verso il confine polacco.
Quel giorno fu particolarmente felice per il dottor Stuff perché poté constatare nella realtà dei fatti come la capacità di adattamento alle più variegate situazioni ad ambientazioni che ogni individuo è indotto ad affrontare fosse effettivamente la salvezza e la sventura dell’uomo. La salvezza, perché poté in questo modo approfondire i suoi studi, conquistare le più belle vette delle Alpi e garantire la prosecuzione della propria stirpe. La sventura, perché per difendere il proprio onore e la propria rispettabilità, fu costretto ad un orribile delitto.
Le sue tesi quel giorno ebbero dunque una formidabile conferma tanto che il dottor Stuff decise di affrontare nuovamente questo affascinante tema in una delle sue prossime conferenze al Circolo Putinsky di Varsavia.